Le
chiusi gli occhi, le truccai scrupolosamente le palpebre con il khol,
le pettinai i capelli e la vestii con la sua più bella camicia in
lana pura e vergine. Era alta, forte, dai lineamenti dolci, ma con
una espressione ermetica e taciturna. Pian piano sotto la luce fredda
dei riflettori acquistò la sembianza di un giaguaro ed imparò ad
orientarsi.
Smise
di sorridere. La sua faccia divenne dura, la pelle del colore della
terra, l'occhio asciutto. La sua solitudine era peggio della fame.
Era diventata a poco a poco un animale della foresta, tutto istinto,
riflessi, slanci, nervi, ossa, muscoli, pelle, fronte aggrottata,
mascella stretta, ventre teso.
Qualcosa di tiepido cresceva dietro
l'apparente durezza e il silenzio, qualcosa che la stupì più di
qualsiasi altro mutamento subito fino ad allora.
Cominciò
ad amare i suoi compagni, voleva dare la vita per loro, sentiva il
desiderio di abbracciarli e dire loro: «Ti
voglio bene». Poi quel
sentimento si estese fino a comprendere tutta la folla anonima che si
sarebbe radunata composta davanti allo schermo. E allora capì che la
rabbia si era trasformata... Non rimpiangeva neppure più l'amore
perduto, semplicemente pian piano si era lasciata sprofondare
nell'indolenza per cui aveva sempre avuto vocazione.
"Questa
volta sono stata molto brava", pensai vedendo il risultato. E
intanto iniziarono a sfilare davanti ai miei occhi ipnotizzati
migliaia di fotogrammi, metri e metri e metri di rigida coinvolgente
pellicola, come un lungo film non ancora finito. Erano i ricordi
della prima frangia dell'adolescenza, della giovinezza.
Le
discussioni su come pagare la bolletta della luce, della Sip... le
condizioni di casa un po' precarie... neanche un po': molto.
Sono
queste le storie che hanno segnato di più la mia vita, mi ripeto,
finalmente libera e spogliata nel mio comodo letto, unico lusso che
mi sono concessa. Sì queste storie, più del cinematografo, dei
soldi, delle persone.
Un'attrice
faceva impazzire per il problema di un'ombrosa barbetta? Io pronta:
«Si rimedia con il trucco».
Per me il cinema significava soprattutto lavorare, guadagnarmi il
pane. Per gli altri, i più, è un modo stupendo per confermare
antiche tradizioni che la gente conserva come un tesoro. Peccato che
non ero io la creatrice, né tantomeno la proprietaria di quel
tesoro.
So tutto questo e anche di più. Son la più lucida. E me ne
rallegro, almeno mi eviterò le canzonature. Chissà perché
pretendono tanto da me, che in fondo c'entro così poco con tutta la
cosa... Tutti quanti pigliano un premio prima o poi, ringraziano e se
ne vanno.
Io no, mai... Eppure sto sempre lì come un albero, come
una sedia. Tutti mi cercano, mi chiamano... e poi?... Arrivederci e
grazie. E io a ripetere: «Sono
contenta. Grazie e arrivederci».
Se
potessi inventare qualcosa, inventerei un gabinetto, perché lì sui
sets fanno proprio schifo. Per la prima volta sorrido. Quante file
per occupare un posto in quegli pseudo scatoloni maleodoranti.
Quasi quasi conviene portarsi la sedia da
casa.
E avanti pure... Scuoto la testa... già pronta a scusarmi se avevo
potuto pensare una cosa così... Eppure anche questo è cinema.
E
intanto mi risistemo la frangetta rossa, alta in testa che mi dà
un'espressione buffa da civetta.
Ho sempre sognato per me un maschio
occhialuto. Io invece ho gli occhi di un bel nocciola rosato, un naso
a becco molto invitante, sono alta, ben proporzionata, un po'
androgina, ma sul femminile, per via di due bei pompelmi rosa situati
un po' sotto il collo.
Sono una figlia unica maggiorenne e maggiorata
e tutta ancora da maritare. Sono un'innocente, non mi sono mai
riconosciuta nella figura di un capo.
"Accettatemi
come sono", vorrei dire, "la vita è bella... cerchiamo di
viverla insieme!". Mi alzo. E' già un quarto alle sei, presto
per alcuni, troppo tardi per me... un incubo.
Si
rincomincia... Un'altra corsa sul set... Altri specchi, altri
piumini, altri pennelli, altri fards, altri khols... Basta... basta.
Prima una, sotto un altro, poi, ancora lei, ... oh, ... non è
possibile. Tutto uguale, si rincomincia ... e lei che mi sussurra:
«Merci chèrie, toi, tu me fais
très sensuelle».
Apro
una finestra e vedo una fila di ometti, piccolini, che portano delle
grandi scenografie , forse per il film Il ritorno di Godzilla 2,
la vendetta! Magari... , penso, finalmente una cosa seria! A
molti sembra scandaloso, a me sembra addirittura banale il triangolo
marito – moglie - amante. Nel cinema invece è norma.
Tutto
piatto, tutto uguale.
Finzione
e basta.
E
tutto sembra così vero, così entusiasmante, così utile...
Cinema,
cinema ancora cinema... E a che cosa serve mai?
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