mercoledì 4 aprile 2012

Lana


“Cinema? E a cosa serve mai?”

Le chiusi gli occhi, le truccai scrupolosamente le palpebre con il khol, le pettinai i capelli e la vestii con la sua più bella camicia in lana pura e vergine. Era alta, forte, dai lineamenti dolci, ma con una espressione ermetica e taciturna. Pian piano sotto la luce fredda dei riflettori acquistò la sembianza di un giaguaro ed imparò ad orientarsi.
Smise di sorridere. La sua faccia divenne dura, la pelle del colore della terra, l'occhio asciutto. La sua solitudine era peggio della fame. Era diventata a poco a poco un animale della foresta, tutto istinto, riflessi, slanci, nervi, ossa, muscoli, pelle, fronte aggrottata, mascella stretta, ventre teso. 
Qualcosa di tiepido cresceva dietro l'apparente durezza e il silenzio, qualcosa che la stupì più di qualsiasi altro mutamento subito fino ad allora.
Cominciò ad amare i suoi compagni, voleva dare la vita per loro, sentiva il desiderio di abbracciarli e dire loro: «Ti voglio bene». Poi quel sentimento si estese fino a comprendere tutta la folla anonima che si sarebbe radunata composta davanti allo schermo. E allora capì che la rabbia si era trasformata... Non rimpiangeva neppure più l'amore perduto, semplicemente pian piano si era lasciata sprofondare nell'indolenza per cui aveva sempre avuto vocazione.
"Questa volta sono stata molto brava", pensai vedendo il risultato. E intanto iniziarono a sfilare davanti ai miei occhi ipnotizzati migliaia di fotogrammi, metri e metri e metri di rigida coinvolgente pellicola, come un lungo film non ancora finito. Erano i ricordi della prima frangia dell'adolescenza, della giovinezza. 
Le discussioni su come pagare la bolletta della luce, della Sip... le condizioni di casa un po' precarie... neanche un po': molto.
Sono queste le storie che hanno segnato di più la mia vita, mi ripeto, finalmente libera e spogliata nel mio comodo letto, unico lusso che mi sono concessa. Sì queste storie, più del cinematografo, dei soldi, delle persone.
Un'attrice faceva impazzire per il problema di un'ombrosa barbetta? Io pronta: «Si rimedia con il trucco». 
Per me il cinema significava soprattutto lavorare, guadagnarmi il pane. Per gli altri, i più, è un modo stupendo per confermare antiche tradizioni che la gente conserva come un tesoro. Peccato che non ero io la creatrice, né tantomeno la proprietaria di quel tesoro. 
So tutto questo e anche di più. Son la più lucida. E me ne rallegro, almeno mi eviterò le canzonature. Chissà perché pretendono tanto da me, che in fondo c'entro così poco con tutta la cosa... Tutti quanti pigliano un premio prima o poi, ringraziano e se ne vanno. 
Io no, mai... Eppure sto sempre lì come un albero, come una sedia. Tutti mi cercano, mi chiamano... e poi?... Arrivederci e grazie. E io a ripetere: «Sono contenta. Grazie e arrivederci».
Se potessi inventare qualcosa, inventerei un gabinetto, perché lì sui sets fanno proprio schifo. Per la prima volta sorrido. Quante file per occupare un posto in quegli pseudo scatoloni maleodoranti. Quasi quasi conviene portarsi la sedia da
casa. 
E avanti pure... Scuoto la testa... già pronta a scusarmi se avevo potuto pensare una cosa così... Eppure anche questo è cinema.
E intanto mi risistemo la frangetta rossa, alta in testa che mi dà un'espressione buffa da civetta. 
Ho sempre sognato per me un maschio occhialuto. Io invece ho gli occhi di un bel nocciola rosato, un naso a becco molto invitante, sono alta, ben proporzionata, un po' androgina, ma sul femminile, per via di due bei pompelmi rosa situati un po' sotto il collo. 
Sono una figlia unica maggiorenne e maggiorata e tutta ancora da maritare. Sono un'innocente, non mi sono mai riconosciuta nella figura di un capo.
"Accettatemi come sono", vorrei dire, "la vita è bella... cerchiamo di viverla insieme!". Mi alzo. E' già un quarto alle sei, presto per alcuni, troppo tardi per me... un incubo.
Si rincomincia... Un'altra corsa sul set... Altri specchi, altri piumini, altri pennelli, altri fards, altri khols... Basta... basta. Prima una, sotto un altro, poi, ancora lei, ... oh, ... non è possibile. Tutto uguale, si rincomincia ... e lei che mi sussurra: «Merci chèrie, toi, tu me fais très sensuelle».
Apro una finestra e vedo una fila di ometti, piccolini, che portano delle grandi scenografie , forse per il film Il ritorno di Godzilla 2, la vendetta! Magari... , penso, finalmente una cosa seria! A molti sembra scandaloso, a me sembra addirittura banale il triangolo marito – moglie - amante. Nel cinema invece è norma.
Tutto piatto, tutto uguale.
Finzione e basta.
E tutto sembra così vero, così entusiasmante, così utile...

Cinema, cinema ancora cinema... E a che cosa serve mai?

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